Poeta latino. Venuto nel 395 a Roma fu, a Milano, amico e
ospite di Stilicone. Scrisse in greco e in latino; scrisse epigrammi, poemi
storici e mitologici, idilli, ecc.
C. può considerarsi l'ultimo
dei poeti classici latini. Coltissimo, dotato di una vasta conoscenza della
storia umana e del mondo fisico, dei miti e delle varie dottrine filosofiche, sa
ravvivare le sue molte cognizioni col fuoco di una brillante immaginazione. La
sua dizione è splendida, ma talvolta piena d'orpelli; le sue similitudini
sono abili, ma tradiscono lo stento e la ricercatezza. La sua versificazione
è armoniosissima ma mancante di varietà. Le sue qualità
poetiche, più estrinseche che interiori, consentono a
C. di dare
il meglio di sé nelle descrizioni, assai frequenti nel poemetto
De
raptu Proserpinae e nel
De bello gothico. Anche le sue poesie
politiche, nelle quali si scaglia contro i nemici interni ed esterni di Roma,
hanno sincerità d'ispirazione e vigore di espressione (
In Rufinum, In
Eutropium, De consulatu Stilichonis, ecc.) (Alessandria 370 circa - Roma 404
circa).